Il Piccolo Popolo e le fiabe di magia
Il Piccolo Popolo e le fiabe di magia
di Hasan Andrea Abou Saida
Sin dagli albori della civiltà, gli Spiriti di Natura, che comunemente sono conosciuti con molti nomi quali Piccolo Popolo, Buon Popolo, Popolo delle Colline, Spiriti del Bosco o Sidhe sono stati gli eterni protagonisti dei racconti e fiabe di magia, del folclore e tradizioni popolari locali. Con il termine “Piccolo Popolo”, si prendono in considerazione numerosi spiriti presenti nell’immenso regno di Madre Natura, indicati con i nomi più svariati quali folletti, gnomi, elfi, fate, silfidi, draghi, orchi, sirene e molti altri ancora. L’uomo ha tramandato nel corso dei millenni attraverso la scrittura, l’arte e le testimonianze orali l’esistenza degli spiriti e della profonda relazione tra noi e questi esseri straordinari. Tale conoscenza e rapporto con gli spiriti ancestrali è visibile e presente già anticamente nelle prime testimonianze artistiche rupestri a partire dal 40.000 a.C. circa. I nostri antichi avi infatti hanno riportato nelle pitture rupestri molte figure umanoidi e teriantropi, entità ultraterrene che sono state registrate insieme a immagini geometriche, animali stilizzati e paesaggi, e che rappresentano il primo folklore conosciuto nella storia. Questo folclore pittorico è presente in tutto il mondo paleolitico, ma la prima arte rupestre datata in modo affidabile può essere trovata nei siti rupestri in Europa, dove le più antiche testimonianze sono a Fumane, nell’Italia settentrionale vicino a Verona, e alle Grotte Chauvet nella regione dell’Ardèche, nel sud della Francia. Nel più famoso complesso di pitture rupestri di Trois Frères, nel sud-ovest della Francia, si trova la figura rupestre de “Lo stregone”, uno spirito composto da vari animali tra cui un gufo, un lupo, un cervo e un essere umano.
Il giornalista, scrittore e ricercatore scozzese Graham Hancock nel suo libro “Sciamani”, fa riferimento agli studi e alle ricerche condotte dall’antropologo sudafricano David Lewis-William su moltissime pitture rupestri nel mondo, e dove quest’ultimo sostiene che le raffigurazioni siano state prodotte da culture sciamaniche per rappresentare la realtà percepita in uno stato alterato di coscienza, grazie anche probabilmente all’assunzione rituale di alcuni composti psicotropi come il famoso fungo Amanita Muscaria. Hancock riprende questa interpretazione, arrivando alla conclusione che molte entità magiche e Spiriti della Natura descritte in quest’epoca sono probabilmente uguali a quelle rappresentate nelle grotte rupestri. Alcuni scrittori e ricercatori del folklore come Carlo Ginzburg ed Emma Wilby hanno dichiarato che esiste un legame diretto tra la narrazione sciamanica e il folklore incarnato in periodi classici, medievali e successivi, e spesso descrivono entità come fate, ninfe, sirene, elfi etc.
In uno studio pubblicato sulla rivista Royal Society Open Science nel 2016 e condotto dall’antropologo Jamie Tehrani della Durham University e dalla ricercatrice Sara Graça da Silva della Nuova Università di Lisbona, utilizzando alcune tecniche normalmente impiegate dai biologi, si sono analizzati i collegamenti tra 275 fiabe di magia indoeuropee, una categoria di racconti che presentano esseri e/o oggetti con poteri soprannaturali e magici, dove si è scoperto che alcuni racconti avevano radici preistoriche. I ricercatori infatti hanno scoperto che alcun racconti erano più antichi dei primi documenti letterari conosciuti, risalenti persino all’Età del bronzo. Ad esempio la fiaba “Jack e la pianta di fagioli”, e la sua forma storia d’origine arcaica “Il ragazzo che rubò il tesoro dell’orco”, ha avuto origine quando le lingue indoeuropee orientali e occidentali si separarono, ovvero più di 5.000 anni fa. Si stima che il racconto popolare intitolato “Il fabbro e il diavolo”, dove un fabbro vende la sua anima con un patto al diavolo per acquisire abilità soprannaturali, risalga a 6000 anni fa. Anche le fiabe “La bella e la bestia” e “Tremotino”, scritte per la prima volta nel 17° e 18° secolo, in realtà hanno almeno 4000 anni. Lo studio ha utilizzato metodi filogenetici per indagare le relazioni tra le storie della popolazione e i fenomeni culturali, come le lingue, le pratiche matrimoniali, le istituzioni politiche, la cultura materiale e la musica. I ricercatori inoltre hanno utilizzato anche un “albero” di lingue indoeuropee per tracciare la discendenza di racconti condivisi, in modo da stabilire fino a che punto si poteva dimostrare fino a che punto essi andavano a ritroso nel tempo. La dott.ssa Tehrani ha dichiarato: “Sono stati raccontati da prima ancora che esistessero l’inglese, il francese e l’italiano. Probabilmente sono stati raccontati in una lingua indoeuropea estinta”. E aggiunge che “Alcune di queste storie risalgono molto più indietro rispetto alla prima documentazione letteraria e in effetti più indietro rispetto alla mitologia classica – alcune versioni di queste storie compaiono nei testi latini e greci – ma i nostri risultati suggeriscono che sono molto più antiche di così”.
Anche il più grande studioso di fiabe russe Vladimir Propp, nel suo libro “Le radici storiche dei racconti di fate” , dimostra come i racconti e le fiabe di magia, dove sono presenti fate, folletti, elfi e altri spiriti di Natura, sono i più antichi documenti storici risalenti alla preistoria indoeuropea. Propp, analizzando più di cento racconti popolari russi tratti dal corpus fiabesco di Alexander Fyodorovich Afanasyev, stabilisce come le fiabe di magia siano in stretta relazione ai più antichi riti di iniziazione. L’eroe, come un giovane iniziando, è sottoposto a numerose prove che supera grazie a mezzi soprannaturali o con l’aiuto di figure magiche, raggiungendo la condizione di uomo maturo. Tutto ciò conferma l’esistenza di questi Spiriti di Natura ed un legame molto profondo tra loro e gli uomini delle società indoeuropee nei tempi passati.
Bibliografia