L’isola di Avalon, tra storia e leggenda
L’isola di Avalon, tra storia e leggenda
di Hasan Andrea Abou Saida
Oltre alla leggenda e al mito, le fonti storiche riguardo ad una reale esistenza di Avalon sono scarse. D’altro canto, non sono mai stati trovati reperti o manufatti in riferimento, o appartenenti, al popolo di Avalon o all’isola stessa, almeno per quanto ne sappiamo. Ma procediamo con ordine. Per sapere che cos’è davvero Avalon bisogna partire dal significato del suo nome. Il nome “Avalon” ha origine etimologicamente dalle lingue antiche Corniche e Bretoni. In gallese moderno l’isola viene chiamata “Ynys Afallon” oppure “Ynys Afallach” che significa, letteralmente, “isola delle mele”, ma la parola “ynys” può essere tradotta anche con “reame” oppure “regno”. Invece il termine “Afall” cioè “mela” con l’aggiunta della desinenza plurale “ach” indica “il frutteto” o anche “gli alberi di mele”. Nella antica lingua bretone la parola “mela” era “aval” o “avalou” al plurale. La parola inglese per mela, “apple”, deriva dall’antico inglese “æppel”, che deriva dal termine proto-germanico *ap(a)laz, che proviene a sua volta dalla parola-radice indoeuropea *ab(e)l, *h₂ébl̥, *h₂ebōl, col significato di mela, albero di mele, o un frutto in generale. Le parole derivanti da questa radice indoeuropea si trovano nelle lingue celtiche, germaniche, baltiche, slave e italiche. Si nota subito come questo frutto, la mela, rappresenti un elemento arcaico comune alle genti indoeuropee e di fondamentale importanza per capire l’anima di Avalon. La mela, fin dai tempi più remoti dell’umanità, è un simbolo universale ricco di significati: rappresenta la conoscenza, la bellezza, l’armonia divina e anche l’immortalità 1. Nelle antiche mitologie indoeuropee, il melo era associato alla Grande Dea, che veniva chiamata nelle diverse culture in molti modi quali Dea Bianca, Anu, Dana, la Grande Madre, etc. Da questo albero sacro, i Celti producevano l’idromele, “la bevanda degli Dei”, che usavano durante le feste rituali nel corso dell’anno, soprattutto durante il sabba di Samhain, il Capodanno celtico che si svolgeva tra il 31 ottobre e il 1 novembre. Sempre secondo l’autore Riccardo Taraglio 2, nella fonte da lui citata nel suo libro e chiamata “Udienza dei Dotti”, viene riportato che il melo era il rifugio della Cerva Bianca o Cerva Selvatica, una delle manifestazioni animali delle Dea e rappresentante il principio femminile. La Grande Dea era adorata anche nel suo triplice aspetto, la Triplice Dea, come ad esempio nelle culture indoeuropee lo erano le greche Moise, le romane Grazie e le Parche, le nordiche Norne e i tre aspetti della dea indù Mahadevi. In particolare, le personificazioni più note della Grande Dea Trina nel pantheon irlandese sono: la triplice dea Morrigan, associata al fato, alla morte e alla guerra, composta dalla vergine Ana, dea della fertilità, dalla madre Babd, colei che perpetuamente produce vita tramite il bollore di un calderone, e la dea del tempo Macha l’anziana, la grande dea dei fantasmi o Madre della morte, e la triplice dea Brigid, figlia di Morrigan e di Dadga, dea associata alla luce e all’energia solare. Gli aspetti di Brigid sono connessi all’energia del fuoco che governa le sue tre funzioni come patrona della poesia, patrona della guarigione e della fertilità e patrona dei fabbri e delle arti marziali. Il folclorista Robert Graves descrive questi tre aspetti caratteristici della Dea Bianca 3: la Giovane, La Madre e la Vecchia, i quali rispecchiano il ciclo della vita (nascita, vita, morte) e le fasi della Luna (nuova, piena e calante).
Tornando alla mela e ai suoi significati, si può notare come nei viaggi iniziatici verso l’Altromondo celtico vi sia sempre la presenza del frutto del melo. In una leggenda irlandese ad esempio si narra di quando il poeta guerriero Oisin, figlio di Fionn Mac Cumhaill, vide una splendida fanciulla di nome Niamh che teneva in mano una mela d’oro, mentre montava un cavallo nero, offrendo all’eroe la conoscenza e l’immortalità 4. Un ramo di melo argenteo con fiori bianchi dell’isola di Emain Ablach, detta anche “Emain delle Mele”, è il talismano che la Dea Bianca offre a Bran al suo ingresso nella Terra di Giovinezza e una mela gettata è il dono che fa una fanciulla fatata, prima di scomparire nell’Altromondo, a Condla, figlio di Conn Cetchathach 5. Nei testi irlandesi, l’Oltremondo è visto come una terra d’immortalità, dove il tempo scorre in maniera diversa, e dove gli eroi vivono per secoli senza nemmeno avvertire il trascorrere del tempo, ma quando tornano in patria, quando scendono dalla nave o da cavallo e toccano terra, si trasformano in polvere.
Le connessioni tra il femminile sacro, la mela come veicolo di conoscenza e l’Altromondo per la tradizione celtica rispecchiano totalmente gli insegnamenti di sapienza presenti ad Avalon. La mela non è solo un simbolo di conoscenza, ma anche di trasformazione e di rinascita in connessione con il femminino sacro interiore. Il percorso iniziatico di un guerriere o un cavaliere ad Avalon non è tuttavia un viaggio interiore e una sfida per il raggiungimento dell’immortalità animica, bensì anche un percorso in un luogo sacro realmente esistito.
Nella tradizione irlandese si narra di un Giardino ad Est del mondo, “Gard na-hIsbéirne” ovvero il giardino delle isole di Isbèrne, luogo in cui si compie una delle fatiche dei figli di Tuireann che dovevano appropriarsi delle mele d’oro di quel giardino. L’impresa non fu facile e Brian, il fratello maggiore, disse che la cosa migliore da fare era agire rapidi sotto forma di un veloce falco, entrare nel giardino, impossessarsi delle mele e fuggire il più presto possibile. A guardia di questo giardino trovarono le tre figlie maggiori del re di Isberne, donne di grande sapienza che si trasformarono in tre grifoni dagli artigli acuminati 6. Esattamente come negli altri miti legati ad un giardino situato in un luogo lontano e ricco di alberi di melo, vi è la presenza di un femminile guardiano e iniziatore al tempo stesso.
Possiamo pertanto dedurre che Avalon sia nominata con molti altri nomi nella mitologia indoeuropea, ma tutti questi luoghi fanno riferimento ad un unico posto, un’isola di infinita saggezza nella quale solo i meritevoli e puri di cuore possono accedere, dopo aver varcato le sue nebbie, ai Misteri. Ma si tratta unicamente di un’allegoria, di una dimensione interiore o quest’isola è realmente esistita? Occorre fare un salto indietro e ripercorrere le origini storiche del mito avaloniano per trovare ulteriori risposte.
Il primo autore che fa riferimento per la prima volta ad Avalon nei suoi scritti è Goffredo di Monmouth, uno storico, scrittore e monaco benedettino gallese vissuto nel XII secolo. Goffredo cita questa magica terra in due sue opere in latino: la prima opera, redatta nel 1136 dal titolo “Historia Regum Britanniae” (Storia dei re della Britannia), è una cronaca medievale di gran successo che ripercorre la storia dei re britanni lungo un periodo di 2000 anni, partendo dallo sbarco di Bruto, nipote di Enea, in Britannia nel 1240 a.C., fino al 597 d.C. con l’imbarbarimento dell’isola da parte dei Sassoni e dei re tiranni.
In questo scritto, Re Artù, per riprendersi dalle ferite dopo aver combattuto con Mordred, si reca in un luogo chiamato “Insula Avallonis”, ovvero Isola di Avalon. Secondo le tradizioni celtiche, Re Artù non morì veramente ad Avalon, ma un giorno tornerà a guidare il suo popolo contro i suoi nemici 7. Inoltre, il monaco benedettino ci dice che Avalon è il luogo dove è stata forgiata la leggendaria spada Excalibur.
Nella sua opera successiva, dal titolo “Vitae Merlini” (Vita di Merlino), databile attorno al 1150, Goffredo rivela maggiori dettagli su Avalon, definendola “Insula Pomorum”, “l’Isola delle mele”, e aggiunge:
“L’Isola dei Pomi è chiamata anche Isola Fortunata perché produce ogni bene da sé. Non ha bisogno che i campi siano arati dai contadini: non conosce alcun tipo di coltivazione, se non l’opera spontanea della natura. Offre perciò messi abbondanti, uva e frutti nati dai germogli che spuntano nei boschi, Il suolo genera tutto, e per di più con la facilità in cui cresce l’erba. Si vive un secolo e oltre, laggiù. In quel luogo nove sorelle governano felicemente coloro che le raggiungono dalle nostre terre. La maggior parte si perfeziona nelle arti mediche e spicca tra le altre per la rara bellezza: si chiama Morgana e ha studiato le proprietà delle singole erbe per curare i malati. Le è anche nota l’arte di trasformarsi e di solcare il cielo, come Dedalo, facendosi spuntare le ali. Quando vuole, è a Brest, a Chartres oppure a Pavia, o discende dal cielo sulle nostre regioni. Dicono che abbia insegnato l’astrologia alle sorelle: Morone, Mazoe, Gilitena, Glitone, Tirone, Titena e Titone, famosissima suonatrice di cetra. Su quest’isola abbiamo trasportato Re Artù, gravemente ferito dopo la battaglia di Camblan, guidati da Barindo, profondo conoscitore del mare e delle stelle. Con lui al timone della nave, approdammo all’isola insieme al re e Morgana ci accolse con gli onori dovuti. 8”
Goffredo con questo passo conferma che le Isole Fortunate o semplicemente Isola Fortunata, coincidono con l’Isola di Avalon. Oltretutto descrive nove sorelle guaritrici guidate dalla gran sacerdotessa Morgana 9, esattamente come le nove sacerdotesse descritte dal geografo e scrittore Pomponio Mela, capaci di tramutarsi in animali, guarire ferite insanabili, muovere i venti e il mare, predire il futuro ai naviganti. Leggiamo nello specifico dallo scritto del geografo greco:
“Sena, nel mare britannico, di fronte al litorale, presso gli Osismii, è degna di nota per l’oracolo della divinità gallica le cui sacerdotesse, si dice, sono nove vergini perpetue. Esse sono chiamate Gallisenae; pretendono di calmare, con i loro canti e con i loro singolari artifici, i mari in tempesta e i venti e di trasformarsi in qualsivoglia animale. Sanno guarire quello che altri non riescono a guarire e sanno predire il futuro. 10”
Questo mito paradisiaco trova le sue fonti e la sua similitudine negli antichi scritti nordici, i quali descrivono luoghi idilliaci come l’isola irlandese Tìr Na nÓg 11, detta la Terra delle Giovinezza, Tir na mBan 12, la Terra delle Donne, Tir na mBeo 13, la Terra dei Viventi, la terra Annwfn 14, l’oltretomba nella mitologia gallese. Più affine ancora appare Emain Ablach 15, la Terra dei Meli gallese, su cui regna secondo il poema medioevale “Baile Suthain Sith Eamhna”, il dio Lug Lamfada.
L’esistenza reale di questa antica Isola di saggezza e conoscenza si potrebbe ricercare in un territorio ormai scomparso, la patria originale degli indoeuropei presente nel Mare del Nord chiamata Doggerland. Attorno al 12.000 a.C. questa porzione di continente europeo collegava la Gran Bretagna alla Germania e alla Scandinavia formando un unico grande paese connesso all’Europa: sia il Mare del Nord che quasi tutte le isole britanniche erano totalmente coperte dai ghiacci e il fiume Reno scorreva verso nord attraversando questa terra. Secondo le ricostruzioni paesaggistiche digitali di un gruppo di archeologi esperti dell’Università di Birmingham, attorno al 8000 a.C. il continente era ricco di colline ondulate, vallate piene di boschi, paludi e lagune, un vero e proprio Paradiso terrestre 16. L’estate e l’autunno dovevano essere periodi di abbondanza di animali selvatici da cacciare, di pesci nel mare e di frutti selvatici come bacche e nocciole. Ma all’incirca 8200 anni fa, dopo che per millenni il livello del mare era progressivamente e lentamente aumentato, l’immenso lago Agassiz riversò nel mare Tyrell un enorme afflusso di acqua dolce che modificò il percorso delle correnti oceaniche, in special modo della corrente del Golfo, determinando un crollo repentino delle temperature. Iniziarono a formarsi venti glaciali che colpirono l’emisfero settentrionale, incluso il continente Doggerland, ormai in gran parte sommerso. Ma a provocare il totale inabissamento del paese fu il cosiddetto “Tsunami di Storegga”, un’onda gigantesca causata da tre eventi franosi di una massa di ghiaccio imponente sulle coste della Norvegia (Storegga Slide), che investì le coste dell’Europa Settentrionale, inghiottendo nel Mare del Nord l’ultimo pezzo d’isola di Doggerland, attorno al 6100 a.C.
La civiltà di Doggerland, a causa dell’innalzamento del livello del mare e degli eventi catastrofici posteriori, fu costretta a migrare verso sud e verso est, in climi più temperati ricchi di vegetazione e fauna, scontrandosi e combattendo con gli altri popoli autoctoni della Vecchia Europa, cercando una nuova patria, portando con loro il ricordo della patria perduta nei loro miti e leggende, una terra molto fertile e ricca di vegetazione e fauna sprofondata nel Mare del Nord, e che oggi conosciamo dalle leggende con il nome di Avalon.
1 Si fa riferimento in particolare al melo selvatico, più presente nelle Isole Britanniche rispetto al melo tradizionale.
2 Riccardo Taraglio è un esperto della cultura celtica e direttore di «Celtica», il festival dedicato ai Celti, ed autore del libro “Il vischio e la quercia”, il più completo e approfondito saggio in Italia sulla tradizione e spiritualità celtica. Taraglio, R. (2005). Il vischio e la quercia : la spiritualità celtica nell’Europa druidica (Nuova). Torino: L’età dell’acquario.
3 Graves propone nel suo saggio “La Dea Bianca” l’idea dell’esistenza, in tempi antichissimi e arcaici, di un’unica divinità europea, appunto la cosiddetta “Dea Bianca”, signora e padrona dell’amore, della morte, connessa alle fasi lunari e molto simile alla Dea Madre del matriarcato.
Graves, R. (2009). La dea bianca : grammatica storica del mito poetico (Seconda). Milano: Gli Adelphi.
4 Cataldi, M. (1985). Antiche storie e fiabe irlandesi. Milano: Einaudi.
5 Taraglio, R. (2005). Il vischio e la quercia : la spiritualità celtica nell’Europa druidica (Nuova). Torino: L’età dell’acquario, pag. 309.
6 Questa impresa è una delle fatiche richieste dal dio Lug per recuperare degli oggetti magici potenti come prezzo della riparazione per l’omicidio di Cían mac Dían Cécht, figlio di Dían Cécht, ucciso per mano di Brian mac Tuirenn e dai suoi due fratelli. Analogicamente le fatiche dei figli di Tuirell assomigliano alle fatiche del semi dio greco Eracle. Lo stesso Eracle si assoggetta alle dodici fatiche per espiare un delitto commesso e viaggia in luoghi remoti, cercando oggetti meravigliosi e animali dalle strane virtù, alla ricerca dell’immortalità, esattamente come i figli di Tuirell. Il Destino dei figli di Tuirell, Le mele d’oro del Giardino di Isbérne, https://bifrost.it/CELTI/6.TuathaDeDanann/09-DestinodeiFiglidiTuirell.html (ultima visita 21/05/2020).
7 Per il Gallesi, l’isola di Ynys Affallach, meglio conosciuta come Avalon, è il luogo dove si recavano le anime dopo la morte, lo stesso luogo dove si rifugiò Artù ferito.
8 Geoffrey di Monmouth (1993). La follia del mago Merlino; a cura di Alberto Magnani. Palermo: Sallerio Editore, pagg. 84-85.
9 Nel ciclo arturiano Morgana è una potente maga e sorellastra di Re Artù, figlia di Igraine e del duca Gorlois di Cornovaglia. Chiamata con molti nomi quali Morgen, Morghe, Morge, Morgue, Morgain, Morgan è associabile simbolicamente alla dea irlandese Morrigan, la “Grande Regina” (Mor-: grande / Rigain-: regina), che ha la capacità di trasfigurare la propria forma in qualsiasi animale apparendo spesso nelle sembianze di uccello, di un corvo, di una cornacchia, di un serpente o talvolta di una lupa. Altri studiosi, invece, associano Morgana alla dea gallese Modron, l’equivalente della dea gallica Matrona. In contrapposizione ad Artù che rappresenta la vita, Morgana è la dea del fato e della morte.
10 Pomponio Mela (1855). Geografia. Libri tre tradotti e illustrati da Giovanni Francesco Muratori. Torino: Della Stamperia Reale, pag. 161.
11 È l’altromondo per la mitologia irlandese, dove i Túatha Dé Danann si stanziarono quando lasciarono la superficie dell’Irlanda e fu visitata da alcuni dei più grandi eroi irlandesi.
12 Isola popolata solo da donne bellissime e che fu metà di alcuni eroi come Máel Dúin in “Imram Curaig Maíle Dúin” (Viaggio di Máel Dúin). Le donne sull’isola offrono una compagna per ogni visitatore maschio e servono solo la migliore cucina con la musica più incantevole. L’eroe Bran mac Febail fu convocato dalla regina di Tir na mBan e rimase sull’isola per molti anni, pensando che fosse passato un solo anno.
13 La terra dei vivi, è un luogo di vita eterna, una delle tante terre lontane.
14 È l’oltretomba nella mitologia gallese, governato da Arawn, dio della caccia e dei cicli stagionali. L’Annwn è descritto come un luogo geografico collocato ad Occidente e quasi irraggiungibile, una terra di delizie ed eterna giovinezza dove le malattie sono assenti e il cibo sempre abbondante. L’Annwn, tuttavia, può essere visitato anche dai viventi se in grado di trovarne la porta che sarebbe nascosta presso le foci del fiume Severn.
15 È il mitico paradiso insulare della mitologia irlandese, il regno del dio del mare Manannan mac Lir e identificato con l’Isola di Man o l’Isola di Arran.
16 Gaffney, Vince & Thomson, Kenneth & Fitch, Simon. (2007). Mapping Doggerland: The Mesolithic Landscapes of the Southern North Sea.
Bibliografia
Un viaggio ad Avalon – Aindreas Fàél (2020). Sossano: Anguana Edizioni