Mefite: guardiana italica dei passaggi tra vita e Oltretomba
Mefite: guardiana italica dei passaggi tra vita e Oltretomba
di Hasan Andrea Abou Saida
Mefitis (o Mephitis, Mephite, Mefite) è una dea italica, originaria dell’area osco-sabella, il cui culto si estendeva dal Sannio fino a Roma e Cremona, raggiungendo persino Bagno di Romagna. I reperti archeologici indicano che il culto di Mefite risale almeno al VI-VII secolo a.C., con alcune ipotesi che lo collocano al IX secolo a.C.
Mefitis è una divinità italica complessa. I suoi luoghi di culto indicano un legame con acque di diversa natura e suggeriscono possibili associazioni con culti legati ad Artemide/Diana e Iside. Il nome Mefitis potrebbe derivare dalle radici indoeuropee *medhio-dhuíhtis, riferendosi a ciò che esala, o da *medh(u)- e medhu-, con il significato di “inebriante” oppure “colei che sta nel mezzo”. Altre ipotesi collegano il nome alla parola umbra mefa, indicando la focaccia sacra al miele, suggerendo un legame con il dolce e la nutrizione.
Mefitis è una dea liminale, una guardiana associata ai passaggi della vita e ai mondi sotterranei e acquatici, nonché ai cicli di vita e morte. E’ una divinità legata alle acque, invocata per la fertilità dei campi e per la fecondità femminile, ed era vista come simbolo di purezza e abbondanza. Presiedendo al passaggio, riguardava un po’ tutti gli altri passaggi, come quello del giorno e della notte, il caldo e il freddo, la nascita e la morte, nonchè il passaggio della transumanza, protettrice del bestiame.
Con l’espansione romana però, Mefite venne identificata con altre divinità romane, come Venere e Giunone e assunse caratteristiche negative. Venne infatti descritta dalle fonti tardo-romane come una dea pericolosa, associata a fenomeni geofisici e alle esalazioni sulfuree. Mefite fosse originariamente una dea delle fonti sotterranee, come le sorgenti naturali: il fatto che molte di queste sorgenti fossero solforose portò i romani ad associarla alla pericolosità dei gas nocivi. Il termine “mefitico” indica ancora oggi qualcosa di fetido o malsano. Tuttavia, è possibile che questo significato negativo sia nato dalla romanizzazione dei miti italici, e il culto di Mefite conservò una marcata connotazione locale. La sua venerazione non era uniforme in tutta Italia e assumeva caratteristiche specifiche a seconda della regione. Nel nord Italia, ad esempio, Mefite era legata alle acque stagnanti e ai vapori nocivi del suolo, mentre nel centro e sud Italia era associata alle acque sulfuree e ai gas velenosi che ne scaturivano.
Con l’avvento del Cristianesimo, molti culti pagani, incluso quello di Mefite, scomparvero gradualmente, e della dea delle acque non se ne seppe più nulla. Ma alcuni aspetti del culto sopravvissero nella cultura popolare cristiana, specialmente nelle aree rurali, dove il legame con la natura rimase forte.
A Cremona, il culto della dea Mefite era particolarmente significativo, con il suo tempio situato appena fuori dalle mura della città, in un’area paludosa e pericolosa. Questo luogo era avvolto da un’aura di sacralità e timore, poiché Mefite, qui venerata come signora dei fumi nocivi e delle esalazioni venefiche, era temuta per il suo potere di dispensare malattie e morte improvvisa attraverso i vapori mefitici che si levavano dal terreno. Il tempio, sopravvissuto miracolosamente alla distruzione di Cremona nel 69 d.C. da parte delle truppe di Vespasiano, veniva considerato un simbolo del potere divino della dea, capace di proteggere il suo luogo di culto anche in mezzo alla devastazione.
La sopravvivenza del tempio, interpretata dai contemporanei come un prodigio, rafforzava il timore e la venerazione nei confronti di Mefite, considerata una divinità in grado di controllare le forze sotterranee e gli eventi naturali avversi. Il sito era frequentato da fedeli che, consapevoli della pericolosità dell’area, si recavano comunque a rendere omaggio alla dea, sperando di ottenere la sua protezione e il suo favore. Le offerte votive, come statuine di animali e oggetti rituali, venivano depositate presso il tempio in segno di devozione, nella speranza che la dea Mefite concedesse fertilità e salute, e tenesse lontani i mali che essa stessa poteva scatenare. Si suppone che la figura di Mefite sia stata preservata nella tradizione sotto l’aspetto di Santa Maria Assunta e che il suo antico tempio si trovi sotto l’attuale Cattedrale di Cremona, consacrata a Santa Maria.
Nella Valle d’Ansanto, un luogo sacro e temuto, era frequentato da pellegrini provenienti anche da altre regioni. Qui, la dea Mefite veniva venerata come signora degli inferi e delle acque sotterranee. Si credeva che potesse concedere fertilità e protezione dalle malattie, ma anche causare morte improvvisa tramite i suoi vapori. Le fonti storiche riportano che animali e persino persone potevano morire se esposte troppo a lungo ai gas velenosi delle sorgenti. Anche nel Lazio esistevano luoghi sacri dedicati a Mefite, come il lago di Cutilia, considerato l’ombelico d’Italia, e un bosco sacro menzionato da Plinio il Vecchio nei territori dei Volsci. Qui il culto di Mefite, particolarmente legato alle forze sotterranee e agli aspetti pericolosi della natura, è stato progressivamente sostituito dal culto di Santa Felicita. Santa Felicita è venerata nella Valle d’Ansanto come protettrice della comunità, e il suo culto ha ereditato molti aspetti dell’antico culto di Mefite, come la capacità di guarire e proteggere dai mali, oltre che di purificare spiritualmente i fedeli.
Nei versi finali del XXXIII Canto del Purgatorio, Dante, accompagnato da Matelda, si disseta alle acque del fiume Lete, un gesto simbolico che gli permette di dimenticare i peccati, preparandosi così all’ascesa al Paradiso. Questo tema della purificazione mediante l’acqua richiama i riti sacri dedicati alla dea Mefite.
Come accade per Dante, anche i fedeli della dea si purificavano nelle acque per meritare l’accesso alla dimora divina. I santuari dedicati a Mefite si trovano spesso vicino a fonti e corsi d’acqua, evidenziando l’importanza dell’elemento acquatico nei rituali a lei dedicati. L’acqua, nel culto di Mefite, non solo ha una funzione purificatrice, ma sottolinea anche la fertilità e ricchezza, essenziali per la vita delle antiche comunità. I fedeli, attraverso riti che includevano abluzioni e immersioni, si preparavano a una rigenerazione spirituale e fisica, simile a quella descritta da Dante.
La Valle di Canneto a Settefrati era un luogo di culto sacro, immerso in un paesaggio montuoso e rigoglioso, dove la natura selvaggia si fondeva con la spiritualità. Qui, la dea Mefite veniva venerata come custode delle acque sorgive che sgorgavano copiose dalla terra. Queste acque erano considerate miracolose, capaci di guarire malattie e di purificare l’anima dei fedeli che vi si immergevano. La valle era un’importante meta di pellegrinaggio, frequentata non solo dagli abitanti locali ma anche da fedeli provenienti da altre regioni. I pellegrini si recavano in questo luogo per rendere omaggio alla dea, pregare per la fertilità dei campi e chiedere protezione contro le malattie e i mali del corpo e dello spirito. In questa regione, la sostituzione del culto di Mefite è avvenuta con la devozione alla Madonna di Canneto, venerata per la sua associazione con le acque sorgive e le proprietà curative attribuite a queste. La Madonna di Canneto è vista come una figura materna e protettrice, che assicura fertilità, salute e purificazione spirituale, paralleli chiari con le funzioni che Mefite svolgeva per i suoi fedeli.
San Pietro di Cantoni a Sepino era un altro centro di culto dedicato a Mefite, situato in una zona montuosa del Sannio, caratterizzata da un paesaggio aspro e solenne. Questo luogo era particolarmente venerato per la presenza di acque sulfuree, ritenute sacre e dotate di poteri curativi. La dea Mefite era venerata come protettrice delle acque sotterranee e delle forze nascoste della terra, e il santuario attirava pellegrini che cercavano guarigioni miracolose o che desideravano purificarsi da peccati e impurità. I riti praticati qui erano spesso accompagnati da offerte votive e sacrifici, atti di devozione con cui i fedeli speravano di ottenere il favore della dea. Il culto di Mefite in questo luogo, legato alle acque sulfuree e alle guarigioni, potrebbe essere stato rimpiazzato da una figura mariana locale o da un santo come San Pietro, che è associato con il nome della località. San Pietro, essendo uno degli apostoli più venerati, è spesso invocato per la protezione e la purificazione spirituale, riflettendo i desideri dei fedeli che un tempo si rivolgevano a Mefite.
Rossano di Vaglio, situato in una regione montuosa della Lucania, era un importante centro di culto per la dea Mefite, venerata qui come una divinità ctonia, legata alle profondità della terra e ai misteri dell’oltretomba. Il santuario di Rossano di Vaglio era circondato da un ambiente naturale suggestivo e carico di mistero, con sorgenti termali e vapori che si levavano dalle rocce, evocando la presenza della dea. I fedeli si recavano in questo luogo per compiere riti di purificazione e per chiedere la protezione della dea contro le malattie e i pericoli che minacciavano la comunità. Il culto di Mefite in questa regione era particolarmente forte, e il santuario fungeva da punto di riferimento spirituale per tutta la popolazione locale, simbolo del legame profondo tra l’uomo e le forze naturali. Qui, la trasformazione del culto potrebbe aver portato a una devozione verso un santo locale o una Madonna, come la Madonna del Sacro Monte di Vaglio. Questa figura rappresenta un punto di riferimento spirituale per la comunità, associato alla protezione dai mali e alla guarigione, elementi centrali nel culto originario di Mefite.
In Puglia invece, il culto di Mefite era diffuso tra i Dauni, un’antica popolazione della provincia di Foggia, dove Mefite era venerata come dea delle acque e della fertilità, nonché come protettrice delle anime dei morti. Una delle testimonianze più importanti è il santuario vicino al lago di Varano, dove il suo culto è stato assimilato con il cristianesimo dalla devozione alla Madonna delle Grazie, una figura mariana che riveste un ruolo importante nella regione.
Bibliografia
Dante Alighieri. (2020). La Divina Commedia. Traduzione di B. G. (Versione digitale). Editore.
Gianvittorio. (2011). Il culto di Mefite in Italia.
Preistoria in Italia. (2023, 20 febbraio). Il richiamo di Mefitis.
Tacito, C. (2001). Storie (Vol. III).