Raperonzolo: dalle leggende medievali alla trasformazione spirituale
Raperonzolo: dalle leggende medievali alla trasformazione spirituale
di Hasan Andrea Abou Saida
La fiaba di Rapunzel, uno dei racconti più celebri dei fratelli Grimm, ha radici profonde che si intrecciano con simbolismi antichi e significati iniziatici, emergendo come una narrazione che, oltre ad essere fantastica, è anche carica di significati simbolici e spirituali.
Conosciuta in italiano come “Raperonzolo”, Rapunzel trova origine nella tradizione orale europea. Sebbene i fratelli Grimm l’abbiano pubblicata nel loro libro “Kinder und Hausmärchen” nella prima metà del XIX secolo, le sue origini risalgono a leggende molto più antiche. La fiaba dei Grimm rappresenta una delle tante versioni di racconti popolari che circolavano già nel Medioevo e che si trovano in diverse culture europee e mediorientali.
La storia narra di una coppia che desidera ardentemente un bambino. La donna, vedendo un giardino lussureggiante di rapunzel (Campanula rapunculus) appartenente a una strega, ne desidera tanto da ammalarsi. Per amore, il marito entra nel giardino e ruba alcune piante. Quando torna per prenderne altre, la strega lo sorprende e, come punizione, gli impone di darle il nascituro. La bambina, chiamata Rapunzel in onore della pianta, viene cresciuta dalla strega, che la rinchiude in una torre. Rapunzel possiede una lunga chioma dorata, che la strega utilizza per salire e scendere dalla torre. Un giorno, un principe ascolta la voce melodiosa di Rapunzel e, imitando l’ordine della strega, riesce a salire nella torre usando i capelli di Rapunzel. I due si innamorano e progettano di fuggire. Quando Madre Gothel scopre il piano, furiosa, taglia i capelli di Rapunzel e la abbandona nel deserto. Al ritorno del principe, la strega lo inganna facendolo cadere dalla torre, provocandone la cecità. Tuttavia, dopo anni di vagabondaggio, il principe ritrova Rapunzel con i suoi figli gemelli, una maschio e una femmina. Quando Rapunzel abbraccia il principe, le sue lacrime guariscono la sua cecità. Il principe la conduce nel suo regno dove vissero per sempre felici e contenti.
Una delle prime apparizioni documentate di una figura femminile che utilizza i propri capelli per far salire il proprio amante è presente nella mitologia persiana, nell’epopea dello Shāhnāmeh. In questa storia, la principessa di Kabul, Rudabeh, offre i suoi lunghi capelli al guerriero Zāl per aiutarlo a scalare una torre. Tuttavia, a differenza della fiaba di Rapunzel, Zāl rifiuta l’offerta per evitare che Rudabeh si faccia male, suggerendo l’uso di una corda per una scalata più sicura.
La fiaba di Rapunzel potrebbe risalire alla storia italiana “Petrosinella”, scritta da Giambattista Basile nel 1634. In questa versione, la protagonista è una giovane imprigionata in una torre, il cui nome deriva dal prezzemolo (“petrosino”), in riferimento a una pianta rubata dai genitori della ragazza. Questo tema della pianta rubata si riflette anche nella fiaba dei Grimm e sembra risalire a miti precristiani legati alla fertilità e al ciclo naturale della vita e della morte, evocando antiche credenze e pratiche agricole.
Le versioni più antiche di “Petrosinella” potrebbero essere state influenzate da miti greci, come la storia di Danae, rinchiusa in una torre dal padre per evitare che il destino si compisse, o dal mito di Santa Barbara, una martire cristiana imprigionata in una torre dal padre per proteggere la sua verginità.
Nel mito greco, Danae è figlia del re Acrisio di Argo. Secondo la leggenda, Acrisio aveva ricevuto una profezia dall’Orcaolo di Delfi secondo cui sarebbe stato ucciso dal figlio di Danae. Per evitare tale destino, Acrisio rinchiuse Danae in una torre di bronzo, una prigione inaccessibile. Tuttavia, Zeus, il re degli dèi, si innamorò di Danae e la raggiunse sotto forma di pioggia d’oro, concependo così il suo figlio, Perseo.
Mentre la leggenda di Santa Barbara, provieniente da leggende turche e libanesi, narra di una giovane donna di grande bellezza e virtù, figlia di Dioscoro, un ricco pagano. Per proteggere la sua verginità e impedire che la figlia venisse influenzata dal cristianesimo, Dioscoro la rinchiuse in una torre. Nonostante questa protezione, Barbara accettò il cristianesimo e, alla fine, fu condannata a morte dal padre stesso. Dopo la sua morte, Barbara fu venerata come martire e protettrice degli artiglieri e dei minatori. Anche qui, il tema della prigionia in una torre come mezzo per controllare e proteggere la virtù della protagonista è centrale.
Rapunzel, come “Petrosinella”, il mito di Danae e la leggenda di Santa Barbara, non è solo una storia di una ragazza rinchiusa in una torre, ma un racconto ricco di simbolismi legati alla crescita personale e spirituale.
Il nome “Rapunzel”, derivato dalla pianta “rapunzel” (Campanula rapunculus), simboleggia nel linguaggio dei fiori la speranza e la perseveranza. La pianta, associata alla fertilità, rappresenta il nutrimento spirituale e fisico che Rapunzel riceve durante la sua prigionia e di cui si è nutrita anche sua madre durante la gravidanza.
La storia è ricca di simbolismo sessuale, in riferimento anche al complesso dell’Eden e al frutto proibito.
La madre incinta vedendo il rapunculus, lo desidera ardentemente portandola in uno stato di frenesia, e per amore suo marito entra nel giardino della strega e ne raccoglie qualcuno. Al secondo tentativo, i marito viene visto dalla strega, che esige di sapere perché sta rubando. Il rapunculus, allora, è il cibo proibito, il frutto del desiderio inaccessibile come la mela nel giardino dell’Eden. Egli racconta il desiderio della moglie e, senza aver detto nulla sulla sessualità, la strega dice che “Se è così come dici tu, potrai avere tanto rapunculus quanto desideri, a una condizione: il bambino che nascerà dovrà essere dato a me.” Come nel caso di Adamo ed Eva, la punizione per aver mangiato il frutto proibito è l’espulsione dal Paradiso e la consapevolezza della propria mortalità. Per i genitori di Rapunzel, invece il prezzo del desiderio è la perdita della figlia, che viene reclamata dalla strega.
Quando Rapunzel raggiunge l’età adulta, viene rinchiusa dalla strega “in una torre in mezzo a un bosco, e in essa non c’erano né porte né scale, solo una piccola finestra in alto”. La torre, in questa narrazione, diventa un potente simbolo archetipico di isolamento e separazione, ma anche di una potenziale ascesa spirituale. L’atto di salire, infatti, richiama il percorso verso il cielo, un tema comune nelle storie di iniziazione spirituale. In una lettura più esoterica, come quella offerta dai tarocchi, la torre rappresenta un simbolo di distruzione e cambiamento radicale, un evento catartico che porta alla liberazione dai vecchi schemi e alla nascita di una nuova consapevolezza.
Parallelamente, il Giardino dell’Eden è un luogo di bellezza e abbondanza, ma come la torre di Rapunzel, è caratterizzato dalla separazione dal mondo esterno e dal controllo su chi vi risiede. Nel caso di Rapunzel, la torre può essere interpretata anche come un simbolo fallico, in cui la strega, rappresentando il controllo e la repressione, rinchiude la giovane per impedirle di scoprire la propria sessualità e maturità. Questo atto di repressione è simile al divieto imposto a Adamo ed Eva di mangiare il frutto dell’albero della conoscenza, un simbolo del passaggio dall’innocenza alla consapevolezza sessuale e alla maturità.
In entrambi i casi, il controllo esercitato dalla strega e da Dio serve a mantenere i protagonisti in uno stato di innocenza e dipendenza. Tuttavia, la trasgressione – che sia mangiare il frutto proibito o fuggire dalla torre – segna l’inizio di un percorso verso l’indipendenza e la maturità. Per Rapunzel, la fuga dalla torre rappresenta non solo una liberazione fisica, ma anche una metaforica liberazione dai confini della sua infanzia e l’inizio di una nuova vita adulta. Allo stesso modo, per Adamo ed Eva, la scelta di mangiare il frutto proibito porta alla caduta, ma anche all’inizio della loro vita fuori dal Giardino, dove devono affrontare la realtà del mondo con una nuova consapevolezza.
La chioma bionda di Rapunzel, l’elemento magico della fiaba, simboleggia il suo potere e l’ identità della fanciulla. Il taglio dei capelli segna una metamorfosi, un passaggio iniziatico dalla prigionia a una nuova fase di libertà e indipendenza. Sebbene il taglio dei capelli rappresenti una perdita, è una parte del viaggio verso la riconquista della libertà e dell’autonomia.
Madre Gothel nella fiaba incarna l’archetipo della strega, della figura materna negativa e del femminile oscuro, rappresentando una figura materna oppressiva e manipolatrice. La sua gelosia e possessività contrastano con l’archetipo della madre amorevole e protettiva. L’amore della madre negativa è condizionato e possessivo, focalizzato più sull’uso dei capelli magici di Rapunzel per mantenere la giovinezza che sul benessere della giovane. L’ostacolo rappresentato da Madre Gothel è fondamentale per Rapunzel, poiché fornisce le sfide e le motivazioni necessarie per il suo percorso di crescita e libertà.
Il principe, invece, rappresenta l’archetipo dell’eroe che salva la damigella in difficoltà, simboleggiando il potere del cambiamento e la possibilità di redenzione. È colui che scopre e utilizza i capelli di Rapunzel per accedere alla torre e liberarla. La sua presenza porta alla risoluzione del conflitto e alla liberazione di Rapunzel dalla prigionia, completando così il suo percorso di crescita e libertà.
In conclusione, Rapunzel va oltre la mera fiaba: rappresenta un racconto intriso di significati simbolici e spirituali, che esplora in profondità il sacro femminile e il suo percorso di trasformazione iniziatica dalla fanciullezza all’età adulta. Esattamente come nelle storie e nei miti di Petrosella, Danae e Santa Barbara, Rapunzel affronta la prigione nella torre come elemento protettivo e di ostacolo per la sua liberazione e autorealizzazione come donna. La storia di Rapunzel, con la sua ricca simbologia, rimane un faro della tradizione fiabesca e popolare che illumina il cammino verso la consapevolezza e la realizzazione del proprio potenziale.
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