Le origini del culto di Osiride
Le origini del culto di Osiride
di Hasan Andrea Abou Saida
Osiride, chiamato anche Usir, è una tra le più importanti e complesse divinità di tutto il pantheon egizio. Il suo ruolo nella teologia egizia è molto complesso e per capirlo fino in fondo occorre indagare e studiare tutti i suoi nomi, le sue funzioni, i suoi attributi, e ciò equivale a svelare i Misteri egizi della Natura e dell’Universo. Le origini di Osiride inoltre sono ancora molto dibattute, e anche le basi del mito della sua morte sono alquanto incerte. Il nome Osiride è la traslitterazione latina del nome dato dagli antichi greci Ὄσιρις. Nei geroglifici egizi, Osiride è rappresentato dai simboli del trono, detto il Trono di Ra o Trono supremo, e del Sole, e viene tradotto foneticamente come ysri o ysra. Le prime evidenze di un culto dedicato ad Osiride appaiono nei Testi delle Piramidi di Wenis a Saqqara attorno al 2500 a.C., ma la maggior parte delle sue caratteristiche essenziali e dei diversi incantesimi o “enunciati”, contengono idee che si presume risalgano a tempi ancora precedenti, risalenti molto probabilmente alla Prima e Seconda dinastia.
Nel periodo predinastico, il culto osirideo era già ampiamente diffuso in tutto l’Egitto, e il suo santuario più importante era quello di Abydos. Il mistero di Osiride ad Abydos fu presente fin dalla Prima dinastia, se non addirittura già nel Neolitico: a conferma di ciò, vi sono ritrovamenti archeologici, come per esempio vasi o pietre tombali neolitiche, che portano i geroglifici dell’ank e quello dell’anatra che vola, simboli che confermano la presenza dei misteri osiridei. L’anatra è un animale lunare, sacro ad Osiride e al dio Geb, che compare molto spesso sui vasi del Neolitico e simboleggia il Sole che crea il Sole come principio primo.
Sin dalle prime testimonianze descritte nei Testi delle Piramidi, Osiride viene identificato come un dio della fertilità e della pastorizia, ma anche un dio vivente degli inferi e personificazione della vegetazione. La sua morte e resurrezione erano basati sulla morte annuale e sulla ricrescita delle piante. Con l’epiteto “Il Primo degli Occidentali” si fa riferimento alla sua regalità nella terra dei morti. Una prima connessione tra Osiride e la vegetazione fu formulata originariamente da J. G. Frazer nella sua opera dedicata ai culti vegetali, riconnettendo la divinità egizia con altre divinità maschili presenti in diverse civiltà agrarie nel Mediterraneo, che furono denominate “dei che muoiono e risorgono”. Osiride era visto come una divinità del grano, la cui mitologia rifletteva la vicenda di morte e di rinascita legata al ciclo dei raccolti. Osiride è spesso raffigurato sul trono mentre regge in mano un pastorale e un flagello, simboli di potere regale, e il colore della sua pelle è verde, a conferma del ruolo di dio della vegetazione e della fertilità. La profonda analogia delle diverse divinità maschili presenti e venerate dai popoli del Mediterraneo e dell’Asia minore, come ad esempio il dio mesopotamico Tammuz, la divinità sumera Dumuzi, il dio greco Adone e il dio frigio Attis, è basata sulla rappresentazione del ciclo annuale della Natura attraverso la morte e la rinascita della vita. Le figure divine nella loro personificazione e narrazione mostrano un’intima connessione tra la scomparsa e ricomparsa periodica della fertilità della terra e dei raccolti, il ciclo riproduttivo del bestiame domestico, il trascorrere delle stagioni e la vicenda esistenziale della vita umana. Secondo un’altra ipotesi dell’egittologo gallese J. Gwyn Griffiths, che ha studiato a fondo Osiride e la sua mitologia, Osiride ha avuto origine come un sovrano divino dei morti e la sua connessione con la vegetazione era uno sviluppo secondario, confermando l’origine predinastica del culto del dio.
La sua origine e nascita mitologica è strettamente legata alla città di Busiri nel Basso Egitto, toponimo greco della traslitterazione egizia “Per Usir” ossia “Casa di Osiride”. Chiamata successivamente “Djedu”, fu il luogo di nascita di Osiride e centro principale del suo culto. Nel periodo predinastico, erano adorati come divinità principali Sobek e Anditi, una divinità raffigurata come un pilastro. Si pensa che Anditi o Andjety sia un vero e proprio precursore di Osiride: come il suo successore, viene raffigurato con il bastone pastorale e il flagello, con una corona simile alla corona Atef indossata da Osiride, con la pelle di color verde; è inoltre legato alla fertilità, all’agricoltura (in particolar modo il grano) e alla pastorizia. Andjety, esattamente come Osiride, viene identificato con il faraone defunto, assumendo precisi attributi di dio dell’aldilà e degli inferi. Nel tempio di Seti I, il faraone offre incenso ad Osiride-Andjety, che è accompagnato da Iside.
La personalità di Osiride, e del suo precursore Andjety, rimanda alle caratteristiche di una religione universale neolitica, nella quale i culti dei morti erano strettamente associati ai riti agrari, in particolar modo allo Spirito del Grano. In quanto Signore dei morti, Andjety veniva descritto alle volte come dio della rinascita e della trasformazione, e considerato il marito di Meskhenet, un’antica dea predinastica della nascita. Il culto locale di Andjety e di sua moglie Meskhenet venne molto probabilmente rinnovato in epoca dinastica, con l’unione dell’Alto e del Basso Egitto, con il culto di Osiride ed Iside, il quale divenne molto popolare in tutto l’Egitto. Osiride, fin dall’antichità, dà agli uomini la possibilità di redenzione, mentre Iside è la grande salvatrice nel mistero osirideo.
La storia di Osiride è quella di tutti gli esseri del nostro mondo terrestre. D’altra parte la storia di Osiride non è disgiunta dalla storia di Seth, di Iside, di Nefti, che come Osiride sono i Principi del ” Divenire” e di tutti i mutamenti che avvengono in Natura. Osiride è figlio di Nut, il Cielo, e di Geb, la Terra, ed è chiamato “L’erede del trono di Geb”: il suo reame è quello della terra e delle diverse esistenze che dipendono dalla terra. In quanto figlio di Nut, egli esercita anche le sue funzioni negli astri che sono in relazione con il ritmo della Terra, ossia la Luna, i pianeti, le stelle erranti e le stelle circumpolari. Osiride infatti è l’anima di Orione ed è legato alla stella Sirio e al pianeta Venere. Osiride è colui che dona a Ra il suo corpo terrestre.
In Osiride si distinguono due aspetti fondamentali: l’aspetto cosmico e l’aspetto particolare. L’aspetto cosmico del principio osirideo è il ciclo che dipende unicamente da tutte le condizioni del cielo. Nel ciclo annuale si inscrive completamente tutto il dramma di Osiride, di cui il dio è la misura e la chiave. Il suo dramma è il prototipo del dramma dell’anima umana, nelle sue vicissitudini ed incarnazioni, nello sviluppo della sua coscienza attraverso le incarnazioni terrestri, e nella conquista della ” regalità umana”. Nel suo aspetto particolare, invece, si rapporta all’esistenza di una specie animale, vegetale o minerale. Il ritmo di Osiride è quello dell’eterno divenire, un rinnovamento della Natura tra vita e morte. Il mito osirideo si identifica perfettamente con la Natura, ove uomo e Natura sono due facce diverse di una stessa identità, ma con percorrenze similari ed analoghe.
Tra i simboli che caratterizzano l’essenza di Osiride vi è il Djed, un amuleto egizio preistorico che simboleggia la stabilità umana, stabilità cosmica, stabilità mentale e stabilità della Terra. Il Djed rappresenta l’asse cosmico, la colonna di luce, ed è il pilastro che collega la Terra al Cielo. Il Djed supporta la continuità delle quattro stagioni, i cicli della natura che sono importanti per il nostro sviluppo personale e spirituale. Nei tempi antichi durante il festival Heb-Sed, il pilastro Djed, attributo e rappresentazione di Osiride, era steso a terra e veniva rialzato nei momenti cruciali di inizio e fine di un ciclo. Una volta raddrizzato il pilastro, Osiride resuscitato diveniva I’emblema della sopravvivenza, della luce e della stabilità. La cerimonia del raddrizzamento del pilastro rituale equivaleva alla resurrezione, in associazione all’idea di verticalità e di vita eterna.
Il simbolo del Djed, secondo alcuni studiosi, è la stilizzazione della conifera, in special modo il pino, non presente in Egitto ma ben conosciuto, poiché la sua resina veniva usata nei rituali di imbalsamazione dei defunti. Il pino infatti è una pianta saturnina sotto alla quale fu sepolto Osiride in Siria, quando fu assassinato da suo fratello Seth. Le conifere sono sempre state usate nelle liturgie ermetiche e teosofiche poiché facilitano un più rapido passaggio delle correnti energetiche lungo la spina dorsale. Il pino dunque, a livello analogico, è assimilabile alla colonna vertebrale, e la risalita lungo l’albero non è altro che il fluire della corrente magnetica dal coccige verso l’alto. A livello geografico, il Djed venne rappresentato da quattro pilastri di obelischi, posti in fila, situati a Eliopoli, Tanis e Mendes, che servivano per determinare i solstizi e gli equinozi e per controllare la stabilità delle stagioni. A livello celeste, il Djed è il pilastro di tutto il Firmamento, dove dimorano le stelle circumpolari cosiddette “Indistruttibili”, una meta perfetta per l’anima immortale del faraone deceduto, dopo aver compiuto come Osiride il viaggio sulla sacra barca tra le stelle.
Bibliografia
Angelini, A. (1986). Il Serto di Iside – Vol. 1. Milano: Kemi.
Comba, E., & Amateis, M. (2019). Le porte dell’anno: cerimonie stagionali e mascherate animali. Torino: Accademia University Press.
Corso di Egittologia – Angelo Angelini. Associazione Kemi
Frazer, J. G. (1973). Il ramo d’oro: Studio sulla magia e la religione. Torino: Editore Boringhieri.
Griffiths, J. G. (1980). The origins of Osiris and his cult. Leiden: E.J. Brill.