La via dionisiaca: tra ebbrezza mistica ed Eterno sacrificio
La via dionisiaca: tra ebbrezza mistica ed Eterno sacrificio
di Hasan Andrea Abou Saida
Tra tutti gli antichi Dei del pantheon greco, il più poliedrico e dotato di un carattere sfuggente e complesso è senza dubbio Dioniso, dio della vite, dell’ebbrezza mistica e della liberazione dei sensi. Dioniso è l’incarnazione dell’energia dirompente della Natura al momento del suo risveglio, la forza vitale e istintiva che si cela dietro alla maturazione di ogni frutto di Madre Terra, l’essenza del creato nel suo perenne e selvaggio fluire.
Nella versione più comune del mito, Dioniso nacque da un rapporto tra Zeus, sovrano degli dei dell’Olimpo, e la mortale Semele, figlia di Cadmo re di Tebe. La gelosa Era, scoperto il tradimento di Zeus con la giovane principessa, assunse le sembianze di una vecchia vicina e consigliò a Semele, già incinta di sei mesi di Dioniso, di fare una singolare richiesta al suo amante: che egli cioè cessasse di ingannarla, rivelandosi a lei nella sua vera forma e natura. Semele seguì quel consiglio e, quando Zeus rifiutò di accondiscendere, gli negò il suo letto. Il dio allora, furibondo, le apparve fra tuoni e folgori e Semele ne morì. Per impedire che il bambino morisse, la dea Gea fece crescere dell’edera fresca in corrispondenza del feto. Ma fu Ermete che salvò il bambino, cucendolo nella coscia di Zeus dove egli poté maturare per altri tre mesi, e a tempo debito venne alla luce. Per questo episodio, ma anche secondo il significato etimologico del nome Dioniso (di-genes) attribuito ad Apollonio Rodio, è detto «nato due volte» o «il fanciullo della doppia porta» 1.
L’origine del nome inoltre potrebbe derivare dal genitivo Διός e da νῦσος, quindi il nysos di Zeus, il “giovane figlio di Zeus”. Altri studiosi invece, collegano l’etimologia del nome Dioniso al monte Nisa in Elicona, dimora delle ninfe Nisee, dove il dio venne allevato (theos-Nyses, il dio di Nisa). Tra le montagne dell’Asia minore, visse in una grotta ricoperta da piante di vite selvatiche e fu allevato dalle Iadi, le ninfe dei boschi, e dal saggio Sileno, figlio di Pan, dove imparò l’arte divinatoria e acquisì molta saggezza. Fino al raggiungimento della sua maturità, Dioniso dovette sempre nascondersi dall’ira della gelosa Era, camuffando le proprie sembianze indossando abiti femminili 2. Inoltre, Dioniso è anche una figura androgina, un dio ibrido dalla natura multiforme maschile e femminile, animalesca e divina al tempo stesso. Egli incarna la scintilla primordiale e istintiva presente in ogni essere vivente, una forza violenta e impulsiva all’interno dell’uomo stesso, una via per l’ascesi mistica. Il giovane dio infatti è ritratto sempre con il capo incorniciato da foglie di edera mentre impugna il tirso, (un bastone alla cui estremità era posto, a mo’ di pigna, un mazzetto di foglie di edera o di vite) o mentre regge una coppa sacra, attorniato a volte da simboli fallici (è anche il dio della fertilità) e da animali feroci quali il leopardo, il toro, il leone o la capra 3.
La tradizione letteraria greca indica in Dioniso un dio venuto dal nord, adorato nelle terre che aveva attraversato prima di giungere in Grecia. Secondo lo storico Marcel Detienne, Dioniso è il dio straniero per eccellenza, poiché proveniva dalla Tracia, dove era presente un suo culto 4. Una forte affinità con il culto dionisiaco la si ritrova inoltre in Anatolia con i riti di carattere orgiastico e vegetativo in onore del dio traco-frigio Sabazio, figlio di Rea e discendente di Zeus e Persefone 5. Infine, lo studioso Giorgio Colli sostiene che l’origine del suo culto vada ricercata nel mondo minoico-miceneo attraverso il mito iniziatico del labirinto di Minosse, di Arianna e del Minotauro 6. Fu proprio in Asia Minore, in compagnia delle ninfe che, secondo la leggenda, il dio divenne involontario artefice della mitica bevanda alcolica, ovvero il vino.
Tradizionalmente però, Dioniso ci viene mostrato come il dio della vite e dell’ebbrezza alcolica, secondo le fonti poetiche di epoca alessandrina e romana, ma l’ebbrezza estatica descritta nei riti dionisiaci è molto diversa dall’ebbrezza alcolica: l’alcool, come è noto, è un depressivo del sistema nervoso centrale, non provoca, se non in casi estremi, allucinazioni. L’estasi dionisiaca è invece caratterizzata da eccitazione esasperata, grande vigore fisico, stati allucinatori, follia mistica e identificazione mistica con la divinità. L’origine indoeuropea di Dioniso ha portato alcuni autori a vedere nelle bevande fermentate, a base d’orzo o di altri cereali, gli agenti psicoattivi dionisiaci precedenti il vino d’uva. Fin dalle sue origini infatti, questa divinità era associata a dei vegetali psicoattivi, con scarse allusioni al ruolo che il dio avrebbe dovuto avere con l’origine della vite e del vino 7.
Lo stesso Omero, che nelle sue opere ha evocato con una certa frequenza la bevanda e la sua ebbrezza, non ha mai indicato in Dioniso il donatore della pianta agli uomini: ad esempio, il vino che Ulisse portò alla sua spedizione presso i Ciconi del litorale tracio, non fu un dono di Dioniso, ma di Marone, sacerdote di Apollo (Omero, Od., IX, 196-198). Nella Locride e in Etolia, le leggende attribuiscono l’origine della viticoltura a Oresteo, figlio di Deucalione (il ‘Noè’ della tradizione diluviana in Grecia); da Oresteo nacque Pitio (‘l’abbondante’) che a sua volta generò Oineo (‘il vignaiolo’), che racconti epici incoronano re di Calidone (Massenzio, 1969).
Per Jacque Brosse, nel contesto dionisiaco «il vino non sarebbe che il punto di arrivo di una serie [di inebrianti], che parte dal nettare divino passando attraverso la sacra pozione delle Baccanti» 8.
La figura del dio indoeuropeo, e le sue origini in particolar modo, rimandano agli antichi culti del Soma, la bevanda sacra consumata dai sacerdoti indù e descritta nelle centinaia di inni del Rigveda, il primo testo della letteratura religiosa indiano, compilato in un arco di tempo compreso tra il 1500 e il 1200 a.C.
Nel 1968, l’etnomicologo americano Gordon Wasson nel suo libro “Soma: Divine Mushroom of Immortality” ipotizzò che tale bevanda veniva prodotta a partire da estratti di Amanita muscaria, il fungo rosso e bianco dalle proprietà allucinogene e la cui presenza è testimoniata nei contesti magico-religiosi di tutte le culture eurasiatiche 9. Robert Graves, poeta ed esperto di cultura classica, ha scoperto che le iniziali dei supposti ingredienti dell’ambrosia (“il cibo degli Dei”) formano la parola greca che designa il fungo; e lo stesso succede unendo le iniziali del nettare, “la bevanda degli dei che dona la vita”. Inoltre, lo studioso aveva scoperto che esistevano delle similitudini negli attributi divini di Dioniso, il dio greco dell’ebbrezza, e Tlaloc, la divinità messicana precolombiana dei funghi magici, che tra l’altro avevano in comune l’emblema del rospo. La festività in onore di Dioniso, durante la quale veniva ingerita da pochi eletti l’ambrosia, si teneva in ottobre, il culmine della stagione dei funghi 10. Da quanto si è detto finora, è possibile che nei primi culti dionisiaci, al fine di ottenere la visione estatica e una trance mistica, si facesse uso di funghi allucinogeni, miscelati e lasciati macerare probabilmente con bevande alcoliche quali birra o vino.
Questo segreto culto dionisiaco del fungo, sempre secondo Robert Graves, fu poi trasmesso agli Achei di Argo dai nativi Pelasgi. I Centauri, i Satiri e le Menadi di Dioniso, a quanto pare, consumavano ritualmente un fungo maculato chiamato agarico moscario o ovolaccio (Amanita muscaria), che conferiva loro enorme forza muscolare, potere erotico, visioni deliranti e il dono della profezia 11.
Nello specifico, le Menadi (Μαινάδες da μαίνομαι “entro in furore”) erano le sacerdotesse prescelte dal dio, praticanti del suo culto orgiastico durante uno stato di delirio mistico. Chiamate anche Baccanti, in quanto assimilate al dio romano Bacco, erano ricoperte con pelle di cerbiatto o di volpe, detto nebris, coronate da foglie di edera e avevano a volte un tatuaggio a forma di ordito e trama sulle membra. Impugnando il tirso poi, un bastone ornato di edera, correvano sulle montagne durante le feste rituali, al suono assordante di cembali, timpani e flauti, trascinando o tenendo al seno un cerbiatto 12. Oltre alle membra, anche il volto delle Menadi era tatuato a trama per celebrare le orge boscherecce, e ciò spiegherebbe il nome di Penelope (Πηνελόπη «con una rete sul viso»), moglie di Ulisse, come appellativo dell’orgiastica dea dei monti e della connessione con il culto dionisiaco 13.
Durante il rito orgiastico, una volta arrivate al culmine del delirio estatico grazie all’assunzione di funghi allucinogeni mischiati al vino, ma anche attraverso la masticazione di foglie di edera, le Menadi squartavano a mani nude il cerbiatto e ne mangiavano le carni crude. Questo sacrificio rituale permetteva alle sacerdotesse di incorporare l’essenza vitale del dio Dioniso in loro, una vera e propria teofagia 14.
Dioniso infine è sia Zagreo (Zαγρεύs), ossia il grande cacciatore, sia Nebrodense, ossia una preda, in quanto simile al cerbiatto (νεβρώδηs). Lo squartamento rituale ad opera delle sacerdotesse fu subito inoltre dallo stesso Dioniso, ma anche da Morfeo, il dio dei sogni, e da Penteo, mitico re di Tebe 15. Come re sacro, Dioniso fu ucciso da una folgore (cioè colpito dalla bipenne) in un bosco di querce durante il solstizio d’estate e poi smembrato dalle Menadi, seguaci del culto del toro 16.
La vicenda di Semele, la madre del dio, pare ricordi i metodi adottati dagli Elleni in Beozia per porre fine al tradizionale sacrificio del re sacro: Zeus olimpio afferma il suo potere, prende il re sacro sotto la sua protezione e annienta la dea con la folgore. Dioniso diventa così immortale, dopo essere rinato da un padre immortale. Semele era onorata ad Atene durante le Lenee, cioè la Festa delle Donne Invasate, dove un giovane toro, che rappresentava Dioniso, era tagliato in nove pezzi e sacrificato alla dea; un pezzo veniva bruciato e il resto divorato dai fedeli 17. Lo squartamento e la ricomposizione del dio rappresentano il mito cosmico dell’eterno rinnovamento, della morte e della rinascita della Natura. La ripetizione di questo rituale (ovvero l’uccisione, lo smembramento e la consumazione del cadavere) garantisce fertilità e abbondanza. Il cannibalismo è un comportamento culturale basato su una visione religiosa della vita. Il mondo continua il suo ciclico rinnovamento solo con la morte, necessaria affinché avvenga la rinascita. Cibarsi degli dei diventa un simbolo di vittoria della vita sulla morte, di rinascita, di fertilità e di abbondanza.
1 Dioniso. (31 luglio 2020). Wikipedia, L’enciclopedia libera, https://it.wikipedia.org/wiki/Dioniso#:~:text=Dioniso%20(AFI%3A%20%2Fdi%CB%88%C9%94nizo%2F,vitale%20che%20scorre%20nelle%20piante. (ultima visita 04/09/2020).
2 ibid.
3 La doppia faccia di Dioniso, Cinque Colonne Magazine, https://www.cinquecolonne.it/la-doppia-faccia-di-dioniso.html (ultima visita 04/09/202).
4 Per maggiori approfondimenti vedi: Detienne, M (2007). Dioniso e la pantera profumata. Roma: Laterza.
5 Sabazio, Enciclopedia online Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/sabazio/ (ultima visita 04/09/2020).
6 Per maggiori approfondimenti vedi: Colli, G. (2011). Apollineo e dionisiaco. Milano: Adelphi Edizioni.
7 Giorgio Samorini e Gilberto Camilla, Rappresentazioni fungine nell’arte greca, Samorini Network, https://www.samorini.it/doc1/sam/greca.htm (ultima visita 04/09/2020).
8 ibid.
9 Per maggiori approfondimenti vedi: Wasson, G. (1968). Soma: divine mushroom of immortality. New York: Harcourt, Brace & World.
10 Per maggiori approfondimenti vedi: Graves, R. (1963). I miti greci. Milano: Longanesi & C.
11 Graves, R. (2009). La dea bianca : grammatica storica del mito poetico. Milano: Adelphi, p. 52.
12 Menadi, Enciclopedia online Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/menadi_%28Enciclopedia-Italiana%29/ (ultima visita 04/09/2020).
13 I culti eroici: Ulisse, Arca-cultura, https://www.arca-cultura.it/wp-content/uploads/2017/12/11-I-Culti-Eroici-Ulisse.pdf (ultima visita 04/09/2020).
14 Menadi, Enciclopedia online Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/menadi_%28Enciclopedia-Italiana%29/ (ultima visita 04/09/2020).
15 Il culto dionisiaco, SiciliAntica Capo d’Orlando, http://capodorlando.org/siciliantica/il-culto-dionisiaco/ (ultima visita 04/09/2020).
16 Dioniso. (31 luglio 2020). Wikipedia, L’enciclopedia libera, https://it.wikipedia.org/wiki/Dioniso#:~:text=Dioniso%20(AFI%3A%20%2Fdi%CB%88%C9%94nizo%2F,vitale%20che%20scorre%20nelle%20piante. (ultima visita 04/09/2020).
17 Dioniso il rigenerativo, The reef, http://www.thereef.it/dioniso-il-rigenerativo.html (ultima visita 04/09/2020).
Bibliografia
Colli, G. (2011). Apollineo e dionisiaco. Milano: Adelphi Edizioni.
Detienne, M. (2022). Dioniso e la pantera profumata. Roma – Bari: Laterza.
Graves, R. (1963). I miti greci. Milano: Longanesi & C.
Graves, R. (2009). La dea bianca: grammatica storica del mito poetico. Milano: Gli Adelphi.
Wasson, G. (1968). Soma: divine mushroom of immortality. New York: Harcourt, Brace & World.