Trattato sulla quintessenza – Rupescissa
Trattato sulla quintessenza – Rupescissa; a cura e con nota di Stefano Andreani (1981). Roma: Edizioni Mediterranee, 128 p. ; 23 cm.
Jean de la Roquetaillade (più noto come Rupescissa) propone con il suo Trattato sulla Quintessenza l’antico metodo sapienziale dell’abbandono alla forza della Natura. Non lo turba la storia. Ne intravede infatti con levigata fantasia lessicale i limiti e le discronie. Il suo tempo è il tempo dell’uomo: l’allegoria di un mondo ancora degno del suo significato etimologico. La francescana religiosità di Rupescissa, il suo calarsi in un modello ispirato, non sono soltanto i segni dei tempi in cui egli visse, ma altresì una benevolente clemenza della Grazia. Per questo si propone nella Biblioteca Ermetica il Trattato sulla Quintessenza. Si tratta, peraltro, della prima traduzione italiana. Si è cercato di conservare il sapore lessicale di quest’opera non badando alle aporie e non tentando di modernizzare lo stile per due precisi motivi: il primo perché l’informazione alchemica, come sa chi di queste cose si occupa, è data da enigmi, da spostamenti di senso lessicale, dalla logica dell’illogicità. Il secondo motivo perché un evidente precursore di Paracelso, dell’omeopatia, della nomenclatura della Natura, non può essere tradito da una versione liberamente intesa. Con questa edizione si mette a disposizione del lettore un libro che dona con tecnica terrena il modello spagirico del Caldo e del Freddo, i due elementi che Rupescissa riteneva alla base dell’estrazione della Quintessenza. Inoltre un libro di insolita affettuosa modestia degno appunto di un frate minore. Un libro che rimarrà comunque messaggio d’amore e d’intelligenza nei confronti della Natura.
Giovanni di Rupescissa (in occitano Joan de Rocatalhada, in francese Jean de Roquetaillade; Marcolès, 1310 circa – Avignone, 1365) è stato un frate francescano spirituale occitano del XIV secolo, visionario e autore di commentari a testi profetici, nonché di testi di alchimia. Passò quasi tutta la vita in carcere, prima nei conventi francescani e poi nel carcere della corte papale di Avignone. Nonostante ciò, i suoi testi conobbero una circolazione sorprendente, e già pochi decenni dopo la loro redazione vennero tradotti in francese, catalano, italiano, castigliano, inglese medievale, ceco, tedesco e altre lingue del tempo.
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